Alcolismo giovani

Donne che bevono troppo
Tendiamo a sviluppare i problemi legati all’alcol più rapidamente rispetto agli uomini, e l’uso (e abuso) di alcolici è più che mai in crescita. Ma il problema più sottovalutato è il consumo sociale. Ecco come farsi aiutare

Sfogliare l’agenda con la copertina arancione, a disposizione dei pensieri di pazienti e congiunti, nella sala d’attesa del Centro alcologico del Policlinico San Martino di Genova è un giro sull’ottovolante delle emozioni: dalle vette della speranza più luminosa fino all’abisso della disperazione più nera, passando per la gratitudine sincera. Tra le firme, non mancano quelle di mogli e madri, ma anche quelle delle pazienti. Perché l’uso e l’abuso di alcol, che lo stereotipo vuole legati a un disagio tipicamente maschile e a situazioni di emarginazione, è un problema che si stratifica in tutte le classi sociali e interessa le donne, spesso giovanissime ma non solo, in misura crescente negli ultimi decenni. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità le donne consumano alcol a livelli più elevati rispetto al passato, con un aumento in particolare tra le giovani adulte. Negli Stati Uniti, il National institute on Alcohol abuse and Alcoholism ha segnalato nel 2020 che nelle due decadi precedenti il consumo di alcol era aumentato tra le donne ma rimasto stabile tra gli uomini. In Italia i dati più recenti, quelli del Rapporto Istisan 23/3, evidenziano come nel 2021 il 6,1% delle donne abbia consumato alcol in modalità abituale eccedentaria, il 3,6% in modalità binge drinking e complessivamente l’8,7% delle donne, pari a circa 2.430.000 persone, abbia consumato alcol in modalità a rischio per la loro salute. Con tutto quel che ne consegue, perché sto per scoprire quanto la stessa quantità d’alcol risulti molto più tossica e devastante nelle femmine rispetto ai maschi.

A spiegarmi perché le donne siano più vulnerabili, e non solo dal punto di vista bi0logico, è Gianni Testino, che coordina questo Centro alcologico regionale, è primario della Struttura complessa Patologie delle Dipendenze ed Epatologia alcol correlata della Asl3 e presidente della Società italiana di alcologia (alcologiaitaliana.it). La sua è una battaglia di verità sui danni dell’alcol e sull’importanza fin dall’infanzia dei corretti stili di vita che porta avanti insieme al suo alter ego, Patrizia Balbinot, operatrice socio sanitaria, caregiver formale del reparto, responsabile organizzativa del Centro alcologico, formatrice e autrice di libri e pubblicazioni scientifiche.

«Il fatto che il consumo di alcol sia un problema riguarda in modo particolare proprio le donne», spiega il primario, «in primis perché non hanno la capacità di “smontare” la molecola dell’etanolo, che troviamo nel vino, nella birra e nei superalcolici. È indifferente quello che si beve: quello che dobbiamo avere in mente è l’etanolo e le sue caratteristiche. È tossico in generale, è una droga, perché è una sostanza psicoattiva, ed è teratogeno, quindi può determinare anomalie e malformazioni nel corso dello sviluppo embrionale, oltre a favorire la sindrome feto alcolica se consumato in gravidanza». A parità di consumo rispetto agli uomini le donne metabolizzano l’etanolo al 50%, perché hanno una minore quantità di alcol deidrogenasi, l’enzima che aiuta a degradarlo, e dunque possono sperimentare effetti negativi a livelli di consumo inferiori. «Nel loro sangue la sostanza permane circa il doppio del tempo, e questo è già un punto di fragilità», prosegue Testino. «Altri sono legati alla diversa distribuzione dell’acqua in rapporto al grasso corporeo e all’assetto ormonale, che favorisce la tossicità e i meccanismi di cancerogenesi alcol-correlati». Un punto, quest’ultimo, di cui non si parla abbastanza, sottolinea lo specialista: l’alcol, che è a disposizione di tutte e tutti legalmente e in modo pervasivo, è la seconda causa di morte oncologica a livello generale, e in media ogni anno in Italia ci sono 10.000 nuovi cancri della mammella – il tessuto più vulnerabile – totalmente alcol attribuibili.