Con la consulenza della prof.ssa Maria Rita Parsi, psicoterapeuta, presidente della Fondazione Movimento Bambino, abbiamo affrontato il tema delle dipendenze nei giovani e come affrontarle. Si può dipendere da molte cose: dall’alcol, dalle droghe, dai farmaci, ma anche dagli oggetti, dalle idee, dalle persone. La dipendenza è prima di tutto immobilità.
Una prigione di sbarre d’acciaio che ci era apparsa all’inizio come uno spazio sconfinato, una scorciatoia per raggiungere la libertà. Una persona, una sostanza, una pillola colorata che ci ha fatto promesse o ci ha accolto senza chiedere nulla in cambio, senza farci provare alcun tipo di malessere, di angoscia.
Qualcosa che ci ha permesso di passare inosservati, che ha mascherato le nostre insicurezze, travestito il nostro corpo, truccato il nostro viso per nascondere lacrime o rabbia e che ci ha donato un sollievo.Colpisce senza distinzioni Al principio, la dipendenza non chiede nulla. Al contrario, protegge e, come una divinità generosa e immensa, concede deliberatamente. La dipendenza nasconde la nostra identità: non ha bisogno di nomi o documenti. Non richiede diplomi o titoli di studio, non se ne fa niente dei vestiti o del nostro aspetto fisico. La dipendenza non fa discriminazioni, accoglie tutti come in una grande famiglia, adotta i suoi figli, li nutre di un pane quotidiano che sfama ogni desiderio, ogni bisogno, ogni forma di amore disperato.La libertà che spaventa: quando l’adolescente cerca una via di fugaLa dipendenza è iniziata nello stesso giorno in cui avevamo deciso di essere liberi.
La libertà: quell’aspirazione fortissima che ha premuto, spinto e scalpitato dentro di noi quando avevamo all’incirca nove o dieci anni.Nella fase della preadolescenza si hanno i primi segni di una giovane identità che tende a concettualizzare, a capire personalmente i valori della vita avendo a disposizione solo l’immaginazione come mezzo di trasporto. Ci stiamo preparando a essere liberi.Il passaggio alla libertà è spesso circondato da un paesaggio angoscioso. Paura, insicurezza e depressione possono condizionare il nostro approccio all’indipendenza.Molti sono gli adolescenti che devono fare i conti con figure di riferimento genitoriali morbose o del tutto assenti. In questi casi, il bisogno di libertà può mutare in un disagio e può trasformarci in figure fragili, che sbandano, si vendono o esplodono di rabbia. In alcuni casi, il raggiungimento della libertà è una strada tortuosa che richiede forza, energia che non si possiede dentro.
E se attorno non c’è niente o nessuno in grado di capirci, dovremmo trovare il modo di farcela. Così nasce la dipendenza. Abbiamo bisogno di una maschera, di una scorciatoia. Abbiamo bisogno di una persona, di un gruppo altrettanto forte di quello d’origine, di una nuova famiglia più deviata di quella che abbiamo in casa. Abbiamo bisogno di un potere in grado di governarci ancora di più di quel potere domestico da cui non vogliamo fuggire.Un potere in grado di contrapporsi a quello che ci lega, che ci tiene prigionieri, che è talmente faticoso, sbagliato e complesso da lasciarci intravedere un miraggio. È la sete di fuggire che ci porta alla dipendenza. È così che crediamo di abitare uno spazio sconfinato, ma in realtà ci rifugiamo in una nuova prigione.