Qualche bevuta il venerdì sera con gli amici, un goccetto in più a tavola per festeggiare un evento importante o, magari, un calice di vino la sera per rilassarsi dopo una giornata stressante. Abitudini legate alla nostra cultura, piccoli vizi che, se vissuti con responsabilità e moderazione, sembrano essere quasi innocui. Ma in alcuni casi, e purtroppo se ne contano tanti, può diventare una vera e propria dipendenza. Uno dei tanti modi per sfuggire alle preoccupazioni di una società in crisi, unica via per far svanire, almeno per qualche ora, la sofferenza, i sintomi della depressione o anche una semplice timidezza.
Dopo la ‘puntata’ dedicata all’uso e all’abuso di sostanze stupefacenti, il viaggio di Lucca in Diretta nel fenomeno delle dipendenze continua con un’altra grande problematica che, purtroppo, da tempo non riesce a scollarsi dalla nostra civiltà: l’alcol.
E i dati, anche se non sono allarmanti quanto le dipendenze da droghe, meritano senza dubbio di essere presi in considerazione. Sempre grazie alla guida della dottoressa Ellena Pioli, responsabile dell’unità funzionale sulle dipendenze della zona distretto della Piana di Lucca, i numeri saltano subito all’occhio: ben 183 i casi presi in carico dall’Asl, di cui – almeno fino al 30 settembre scorso – 136 uomini e 47 donne. Una disparità molto marcata, quella che si legge nelle tabelle, che segnalano anche una piccola ‘sorpresa’: abituati forse ai pregiudizi e alle pagine di cronaca, sfogliando il dossier ci si aspetterebbe di trovare un numero elevato di casi tra i giovani, ma non è così. Sono ‘solo’ 15, infatti, i soggetti tra i 20 e i 29 anni presi in carico dal servizio sanitario nazionale, mentre sotto i venti anni – almeno per adesso – non sono mai stati segnalati casi (anche se questo non esclude il fenomeno diffuso del binge drinking anche nei giovanissimi, ovvero l’assunzione in unbreve periodo di tempo di una grande quantità di alcol).
La dipendenza da alcol risulta infatti più marcata nelle fasce di età comprese tra i 40 e i 49 anni (ben 58 casi), seguiti dalla fascia 50-59 (47 casi) e da quella 30-39 che conta oggi 32 casi. Sono 31, invece, i casi tra gli over 60, di cui 4 sono addirittura ultrasettantenni. Come mai? Lo spiega la dottoressa Pioli: “I giovani arrivano qui da noi solo se segnalati dalle forze dell’ordine, nel maggiore dei casi quando devono recuperare la patente e frequentare obbligatoriamente un corso di recupero. Nei soggetti più anziani invece oltre al problema della dipendenza sorgono anche problemi di salute: oltre alla cosìddetta ‘demenza alcolica’ che tra i casi ha senza dubbio una percentuale minore, sono i danni epatici gli effetti dell’alcol più preoccupanti. Nella maggior parte dei casi i soggetti dipendenti da questa sostanza sono accompagnati qui dalla famiglia, l’unica a rendersi davvero conto della gravità della situazione. Molti dei casi arrivano qui quasi inconsapevoli di avere un problema”.
Anche nei casi presi in carico per età si nota una forte disparità tra uomini e donne (nella fascia 20-29 troviamo solo una giovane donna, mentre gli uomini sono ben 14). I casi presi in carico dal Sert sono tutti individui che bevono almeno un litro di alcol al giorno, compresi superalcolici. E’ il vino la bevanda più utilizzata: sono infatti ben 125 su 183 i soggetti che abusano di questa sostanza (di cui 92 uomini e 33 donne). La ragione è molto semplice: in questi tempi di crisi, sia economica che sociale, il vino è senza dubbio l’alcolico più economico messo in commercio. A farne uso, purtroppo, sia per riscaldarsi nei mesi invernali che per alleviare le pene della solitudine, anche i senzatetto e le persone in gravi situazioni di povertà, spesso prese in carico dai volontari dell’unità di strada della Croce Rossa di Lucca che all’interno del suo comitato ha organizzato anche diversi corsi di sensibilizzazione al problema della dipendenza da alcol. A seguire, tra le sostanze alcoliche più ‘gettonate’, senza dubbio la birra (con 40 casi), superalcolici (12 casi) e cocktail vari (6 casi). Ma, come ha sostenuto anche la dottoressa Pioli, i soggetti affetti da dipendenza da alcol fanno abuso di più di una di queste sostanze. Le statistiche, infatti, rilevano solo il ‘male’ peggiore dei casi. Chi beve superalcolici, ad esempio, durante la giornata abusa anche di vino o di birra. L’alcol, molto spesso, diventa anche un modo per ‘rimpiazzare’ altre dipendenze: come noto, molti dipendenti da eroina consumano questa droga mixandola con alcolici o, come spesso accade, l’alcol diviene proprio una nuova dipendenza in periodi di recupero, in assenza di sostanze stupefacenti.
Uno sguardo va anche alla nazionalità dei casi presi in carico dall’Asl: tra i 183 casi 146 sono italiani (di cui 109 uomini e 37 donne), mentre gli stranieri sono 37 (27 uomini e 10 donne). Tra gli stranieri la nazionalità prevalente è quella marocchina, che conta 9 casi, a seguire quella polacca (4 casi) e quella rumena (4 casi). Sono 22, invece, le nazionalità che presentano meno incidenza: tra i più giovani si notano soggetti provenienti dai paesi dell’est Europa e dal centro Africa, ma non mancano all’appello anche il sud America e i paesi del nord Europa.
È molto raro che i casi presi in carico dall’Asl debbano frequentare una comunità di recupero. Solitamente, come ha spiegato la dottoressa Pioli, queste persone entrano a far parte di gruppi seguiti da educatori, una vera e propria equipe specializzata per questo tipo di dipendenze che aiuta a far comprendere quanto l’alcol possa creare non solo problemi sociali ma anche di salute. I danni al fegato, come molte altre patologie, tendono a emergere circa dieci anni dopo l’inizio dell’abuso. Non da sottovalutare il fatto che molti alcolisti spesso fanno anche uso di nicotina. Un mix micidiale che, a lungo andare, può portare conseguenze anche molto gravi e altamente disabilitanti. L’abuso a lungo termine di alcol può infatti causare cirrosi epatica, pancreatite cronica, epilessia, polineuropatia, ma anche malattie cardiache, carenze nutrizionali e persino disfunzioni sessuali. Talvolta queste complicanze possono portare ad un esito fatale. Nei gruppi di ascolto e in quelli organizzati dal personale sanitario, esistono soprattutto programmi indirizzati alla riduzione del rischio di recidive. Questi gruppi di ‘supporto’, se così si vogliono definire, spesso vengono organizzati anche per i familiari dei soggetti dipendenti, spesso le uniche vere grandi ‘vittime’ di questo abuso. Nella Piana, oltre al gruppo di alcolisti anonimi e al Cat, il club alcolisti in trattamento, esistono anche numerosi punti di ascolto: per citarne alcuni, il centro del distretto di Marlia, quello del Campo di Marte e il centro al Piaggione, tutti con la presenza di operatori dell’Acat (Associazione dei club alcologici territoriali).
Un problema, quello dell’abuso di alcol, che necessita ancora di molta sensibilizzazione. Gli alcolisti più anziani iniziano a bere in modo inadeguato in risposta per lo più a fattori di stress psicosociale e a situazioni di generico disagio esistenziale. La perdita di un ruolo forte nella società con l’arrivo della pensione, la solitudine, rimpianti ma anche rimorsi. Tra i più giovani invece, oltre allo sballo, tra alcune cause dell’alcolismo senza dubbio la perdita del posto di lavoro o un lavoro precario e i traumi legati alle separazioni. Leggendo gli ultimi dati della Caritas in merito al problema dell’emarginazione sociale e della povertà, purtroppo l’alcolismo sembra essere ancora un mostro quasi impossibile da sconfiggere, legato profondamente alla crisi economica e sociale dei nostri tempi. Nessuna ordinanza contro il degrado o provocazione politica, di fatti, è ancora riuscita a alleviare il problema.