Si chiama Buba Darboe, viene dal Gambia ed ha 21 anni. Da un po’ di tempo gioca con la squadra degli amatori qui a Grottazzolina. Si è perfettamente inserito ed ha conquistato tutti per il suo sorriso e la sua umiltà.
Siamo rimasti sorpresi, quando – quasi per caso – abbiamo scoperto la sua storia, che ci ha bruscamente riportato alla tragica attualità degli sbarchi. Sì, perché dietro quel volto sorridente, si nasconde un passato fatto di sofferenza, pericolo, paura di non farcela.
Buba in Gambia era un maestro elementare. Dopo tanti mesi trascorsi a lavoro senza percepire lo stipendio, in risposta ad una sua lettera di protesta, due uomini l’hanno aggredito con un machete, spezzandogli un dente. In quel momento, Buba ha compreso che doveva fare qualcosa, che non poteva più vivere nel suo paese e che doveva cercare un futuro migliore altrove.
Come tanti altri suoi giovani compatrioti, è emigrato in Senegal. Lì ha lavorato come raccoglitore di arachidi, per 50 miseri centesimi al giorni, che non bastavano nemmeno a comprare il cibo. Preso dalla disperazione, ha preso una decisione difficile ed irrevocabile: partire per la Libia. Un viaggio infernale di tre mesi, in mezzo al deserto, dentro camion stipati di suoi coetanei. Un viaggio pericolosissimo: lo testimoniavano i tanti cadaveri di ragazzi lungo la strada, morti per sete e fame.
Arrivato in Libia, dopo due settimane di prigionia, è stato imbarcato su un battello ed è arrivato in Sicilia. Quindi è stato ospitato nel Seminario di Fermo, dove si è distinto per la sua incredibile dignità e forza di volontà. Ha lavorato presso l’Ufficio cultura di Fermo, aiutato anche dal suo perfetto inglese.
Noi, increduli di fronte a tanta sofferenza e desiderio di libertà, abbiamo gridato al miracolo: perché Buba, nonostante tutto, non ha perso il suo sorriso. Un sorriso, che non viene dal passato, ma dal futuro. Un futuro che si chiama speranza.