Nel 1857, a Roma, durante gli scavi del Paedagogium sul colle Palatino, fu ritrovato un graffito, che fece molto discutere allora e continua a farlo oggi.
Il Paedagogium era una sorta di collegio destinato alla formazione dei paggi imperiali. Bene, nel III secolo d. C., un uomo di nome Alexamenos – con molta probabilità un allievo del collegio – incise il muro con un disegno che ai nostri occhi risulta davvero di pessimo gusto: un uomo con la testa d’asino è crocefisso di spalle. Ai suoi piedi, un altro uomo è raffigurato in atteggiamento di venerazione, con la mano alzata. Al suo fianco una scritta in un greco assai sgrammaticato recita: “Alaxamenos cebete theon”, ossia “Alassameno venera dio”.
Ora, per molti studiosi ci troviamo di fronte alla più antica testimonianza di blasfemia nei confronti del cristianesimo. Gli uomini, da sempre, si sono “divertiti” a motteggiare le religioni altrui, senza il minimo rispetto. Naturalmente, in tal caso, occorre tenere conto del periodo storico: nel III secolo d. C., i cristiani vivevano in piccole comunità estremamente chiuse e riservate: i Romani di allora vedevano i cristiani con un lo stesso sospetto con cui noi guardiamo le odierne sette religiose.
Nonostante l’attenuante derivata dal diverso contesto storico, non possiamo che condannare a distanza di secoli il comportamento stupido di un uomo, che si è divertito ad offendere una religione differente dalla sua; ma la cosa peggiore, è che si tratta di un costume che non è passato di moda. Ancora oggi, vandali si divertono ad imbrattare i muri delle città con scritte blasfeme e offensive. È vergognoso che nella nostra società civile, ancora non riusciamo ad estirpare un costume così volgare, che oltre ad offendere la religione, danneggia i muri di case e monumenti.